Sintesi del foglietto illustrativo di 045196033 - IVABRADINA KR*56CPR RIV 5MG

Denominazione

IVABRADINA KRKA COMPRESSE RIVESTITE CON FILM

Categoria farmacoterapeutica

Altri preparati cardiaci.

Principi attivi

Ogni compressa contiene 5 o 7,5 mg di ivabradina (come ivabradina cloridrato).

Eccipienti

Nucleo della compressa: maltodextrina, lattosio monoidrato, amido di mais, silice colloidale anidra, magnesio stearato (E470b), ipromellosa 3 cP. Rivestimento della compressa: ipromellosa 6 cP, titanio diossido (E171), talco, propilen glicol, ossido di ferro giallo (E172), ossido di ferro rosso (E172).

Indicazioni

Trattamento sintomatico dell'angina pectoris cronica stabile. Ivabradina e' indicata per il trattamento sintomatico dell'angina pectoris cronica stabile negli adulti con coronaropatia e ritmo sinusale normale e frequenza cardiaca >= 70 bpm. Ivabradina e' indicata: negli adulti che non sono in grado di tollerare o che hanno una controindicazione all'uso dei beta-bloccanti; in associazione ai beta-bloccanti nei pazienti non adeguatamente controllati con una dose ottimale di beta-bloccante. Trattamento dell'insufficienza cardiaca cronica. Ivabradina e' indicata nell'insufficienza cardiaca cronica in classe NYHA da II a IV con disfunzione sistolica, in pazienti con ritmo sinusale e la cui frequenza cardiaca sia >= 75 bpm, in associazione con la terapia convenzionale che include il trattamento con un beta-bloccante o nel caso in cui la terapia con un beta-bloccante sia controindicata o non tollerata.

Controindicazioni/eff.secondar

Ipersensibilita' al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti. Frequenza cardiaca a riposo inferiore a 70 battiti al minuto, prima del trattamento. Shock cardiogeno. Infarto miocardico acuto. Grave ipotensione (< 90/50 mmHg). Grave insufficienza epatica. Sindrome del nodo del seno. Blocco seno-atriale. Insufficienza cardiaca acuta o instabile. Portatori di pacemaker (frequenza cardiaca imposta esclusivamente dal pacemaker). Angina instabile. Blocco AV di terzo grado. In associazione con potenti inibitori del citocromo P450 3A4 come antifungini azolici (ketoconazolo, itraconazolo), antibiotici macrolidi (claritromicina, eritromicina per os , iosamicina, telitromicina), inibitori della proteasi HIV (nelfinavir, ritonavir) e nefazodone. In associazione con verapamil o diltiazem che sono moderati inibitori del CYP3A4 con proprieta' di riduzione della frequenza cardiaca. Gravidanza, allattamento e donne in eta' fertile che non utilizzano appropriate misure contraccettive.

Posologia

Posologia. Per i differenti dosaggi, sono disponibili compresse rivestite con film, contenenti 5 mg e 7,5 mg di ivabradina. Trattamento sintomatico dell'angina pectoris cronica stabile E' raccomandato che la decisione di iniziare o di titolare il trattamento sia presa dopo aver effettuato ripetute misurazioni della frequenza cardiaca, un ECG o un monitoraggio ambulatoriale nelle 24 ore. La dose iniziale di ivabradina non deve superare 5 mg due volte al giorno nei pazienti di eta' inferiore a 75 anni. Dopo 3-4 settimane di trattamento, se il paziente e' ancora sintomatico, se la dose iniziale e' ben tollerata e se la frequenza cardiaca a riposo rimane superiore a 60 bpm, la dose puo' essere aumentata alla dose successiva piu' alta nei pazienti che ricevono 2,5 mg due volte al giorno o 5 mg due volte al giorno. La dose di mantenimento non deve superare 7,5 mg due volte al giorno. Se non si ha un miglioramento dei sintomi dell'angina entro 3 mesi dall'inizio della terapia, il trattamento con ivabradina deve essere interrotto. Inoltre, deve essere presa in considerazione l'interruzione del trattamento se vi e' solo una limitata risposta sintomatica e quando non c'e' una riduzione clinicamente rilevante nella frequenza cardiaca a riposo entro tre mesi. Se durante il trattamento, la frequenza cardiaca a riposo si riduce al di sotto di 50 battiti al minuto (bpm) oppure se il paziente riferisce sintomi collegati a bradicardia come capogiro, affaticamento o ipotensione, il dosaggio deve essere ridotto con titolazione, considerando anche la dose piu' bassa di 2,5 mg due volte al giorno (mezza compressa da 5 mg 2 volte al giorno). Dopo la riduzione della dose, deve essere monitorata la frequenza cardiaca. Il trattamento deve essere interrotto se la frequenza cardiaca si mantiene sotto i 50 bpm oppure se persistono i sintomi di bradicardia nonostante la riduzione della dose. Trattamento dell'insufficienza cardiaca cronica Il trattamento deve essere iniziato solo nei pazienti con insufficienza cardiaca stabile. Si raccomanda che il medico abbia esperienza nel trattamento dell'insufficienza cardiaca cronica. La dose iniziale abituale raccomandata di ivabradina e' di 5 mg due volte al giorno. Dopo due settimane di trattamento, la dose puo' essere aumentata a 7,5 mg due volte al giorno, se la frequenza cardiaca a riposo si mantiene continuativamente sopra i 60 bpm, o diminuita a 2,5 mg due volte al giorno (mezza compressa da 5 mg due volte al giorno) se la frequenza cardiaca a riposo si mantiene continuativamente sotto i 50 bpm o in caso di sintomi correlati a bradicardia quali capogiro, affaticamento o ipotensione. Se la frequenza cardiaca e' compresa tra 50 e 60 bpm, deve essere mantenuta la dose di 5 mg due volte al giorno. Se durante il trattamento la frequenza cardiaca a riposo si riduce in modo persistente al di sotto di 50 battiti al minuto (bpm) oppure se il paziente riferisce sintomi collegati a bradicardia, il dosaggio deve essere ridotto alla dose successiva piu' bassa nei pazienti che ricevono 7,5 mg due volte al giorno o 5 mg due volte al giorno. Se la frequenza cardiaca aumenta continuativamente sopra i 60 battiti al minuto a riposo, la dose puo' essere titolata alla dose successiva piu' elevata nei pazienti che assumono 2,5 mg due volte al giorno o 5 mg due volte al giorno. Il trattamento deve essere interrotto se la frequenza cardiaca si mantiene sotto i 50 bpm oppure se persistono i sintomi di bradicardia. Anziani Nei pazienti di eta' superiore o uguale a 75 anni, deve essere presa in considerazione una dose iniziale piu' bassa (2,5 mg due volte al giorno, per es. mezza compressa da 5 mg due volte al giorno) prima di un aumento della dose, se necessario. Danno renale Non e' necessario alcun adattamento della dose nei pazienti con insufficienza renale e clearance della creatinina superiore a 15 ml/min. Non sono disponibili dati in pazienti con clearance della creatinina inferiore a 15 ml/min. Ivabradina deve percio' essere usata con prudenza in questo gruppo di pazienti. Compromissione epatica Non e' necessario alcun adattamento della dose nei pazienti con lieve compromissione epatica. E' necessario usare cautela quando l'ivabradina e' prescritta ai pazienti con moderata compromissione epatica. L'ivabradina e' controindicata nei pazienti con grave insufficienza epatica poiche' non e' stata studiata in questo gruppo di pazienti e si prevede un ampio aumento nella concentrazione sistemica. Popolazione pediatrica. La sicurezza e l'efficacia di ivabradina nel trattamento dell'insufficienza cardiaca cronica nei bambini di eta' inferiore ai 18 anni non sono state stabilite: non puo' essere fatta alcuna raccomandazione sulla posologia. Metodo di somministrazione. Le compresse devono essere assunte per via orale due volte al giorno, per es. una la mattina e una la sera, durante i pasti.

Conservazione

Questo medicinale non richiede alcuna condizione particolare di conservazione.

Avvertenze

Avvertenze speciali. Assenza di benefici negli esiti clinici in pazienti con angina pectoris cronica stabile sintomatica Ivabradina e' indicata solo per il trattamento sintomatico dell'angina pectoris cronica stabile in quanto ivabradina non ha mostrato benefici sugli esiti cardiovascolari (per es., infarto del miocardio o morte cardiovascolare). Misurazione della frequenza cardiaca. Dato che la frequenza cardiaca puo' fluttuare considerabilmente nel tempo, quando si determina la frequenza cardiaca prima di iniziare il trattamento con ivabradina e quando si prende in considerazione una titolazione del dosaggio in pazienti in trattamento con ivabradina, devono essere considerate ripetute misurazioni della frequenza cardiaca, un ECG o un monitoraggio ambulatoriale nelle 24 ore. Quanto sopra si applica anche ai pazienti con una bassa frequenza cardiaca, in particolare quando la frequenza cardiaca diminuisce sotto i 50 bpm, o dopo una riduzione della dose. Aritmie cardiache. L'ivabradina non e' efficace nel trattamento o nella prevenzione di aritmie cardiache e verosimilmente perde la sua efficacia quando insorge una tachiaritmia (per es. tachicardia ventricolare o sopraventricolare). L'ivabradina non e' pertanto raccomandata nei pazienti con fibrillazione atriale o altre aritmie cardiache che interferiscono con la funzione del nodo senoatriale. Nei pazienti trattati con ivabradina, il rischio di sviluppare fibrillazione atriale e' aumentato. La fibrillazione atriale e' stata riportata piu' comunemente nei pazienti che assumono contemporaneamente amiodarone o potenti antiaritmici di classe I. E' raccomandato di effettuare regolarmente controlli clinici nei pazienti trattati con ivabradina per verificare l'eventuale comparsa di fibrillazione atriale (prolungata o parossistica). Questi controlli devono includere anche un monitoraggio ECG, se clinicamente indicato (per es., nel caso di aggravamento dell'angina, palpitazioni, pulsazioni irregolari). I pazienti devono essere informati dei segni e sintomi della fibrillazione atriale e devono essere avvisati di contattare il medico qualora questi segni e sintomi si manifestino. Se si sviluppa fibrillazione atriale durante il trattamento, deve essere attentamente riconsiderato il rapporto tra i benefici e i rischi della continuazione del trattamento con ivabradina. I pazienti con insufficienza cardiaca cronica che presentano difetti della conduzione intraventricolare (blocco di branca sinistro, blocco di branca destro) e dissincronia ventricolare devono essere monitorati attentamente. Uso in pazienti con blocco AV di secondo grado L'ivabradina non e' raccomandata in pazienti con blocco AV di secondo grado. Uso in pazienti con ridotta frequenza cardiaca L'ivabradina non deve essere somministrata a pazienti con frequenza cardiaca a riposo, prima del trattamento, inferiore a 70 battiti al minuto. Se, durante il trattamento, la frequenza cardiaca a riposo si riduce in modo persistente al di sotto di 50 bpm o se il paziente riferisce sintomi legati a bradicardia come capogiro, affaticamento o ipotensione, la dose deve essere ridotta, oppure il trattamento deve essere interrotto se la frequenza cardiaca si mantiene al di sotto di 50 bpm o se persistono i sintomi dovuti alla bradicardia. Combinazione con calcioantagonisti. E' controindicato l'uso combinato dell'ivabradina con calcioantagonisti che riducono la frequenza cardiaca come verapamil o diltiazem. Non e' emerso alcun problema in termini di sicurezza dalla combinazione dell'ivabradina con nitrati e con i calcioantagonisti di tipo diidropiridinico come l'amlodipina. Non e' stata dimostrata un'efficacia aggiuntiva dell'ivabradina in associazione con i calcioantagonisti di tipo diidropiridinico. Insufficienza cardiaca cronica. L'insufficienza cardiaca deve essere stabile prima di considerare il trattamento con ivabradina. Ivabradina deve essere utilizzata con cautela nei pazienti affetti da insufficienza cardiaca in classe funzionale NYHA IV, poiche' sono disponibili dati limitati in questa popolazione. Ictus L'uso dell'ivabradina non e' raccomandato subito dopo un ictus poiche' non vi sono dati disponibili. Capacita' visiva. L'ivabradina influenza la funzione retinica. Non c'e' evidenza di un effetto tossico a lungo termine dell'ivabradina sulla retina. L'interruzione del trattamento deve essere presa in considerazione nel caso in cui intervengano imprevisti aggravamenti della funzione visiva. E' necessario usare cautela nei pazienti con retinite pigmentosa. Precauzioni per l'uso. Pazienti con ipotensione Sono disponibili dati limitati nei pazienti con ipotensione da lieve a moderata, pertanto l'ivabradina deve essere usata con cautela in questi pazienti. L'ivabradina e' contro-indicata in pazienti con ipotensione grave (pressione sanguigna < 90/50 mmHg). Fibrillazione atriale. Aritmie cardiache. Non vi e' evidenza di rischio di (eccessiva) bradicardia al ritorno al ritmo sinusale quando viene intrapresa una cardioversione farmacologica in pazienti in trattamento con ivabradina. Tuttavia, in assenza di dati esaurienti, deve essere presa in considerazione una cardioversione elettrica (DC) non urgente 24 ore dopo l'ultima assunzione di ivabradina. Uso in pazienti con sindrome congenita del QT lungo o trattati con medicinali che prolungano il QT Deve essere evitato l'uso di ivabradina in pazienti con sindrome congenita del QT lungo o trattati con medicinali che prolungano il QT. Se l'associazione e' necessaria, e' necessario attuare un attento monitoraggio cardiaco. La riduzione della frequenza cardiaca, come quella causata da ivabradina, puo' esacerbare il prolungamento dell'intervallo QT, che puo' dar luogo a gravi aritmie, ed in particolare a torsioni di punta . Pazienti ipertesi che necessitano di modifiche del trattamento antipertensivo Nello studio SHIFT piu' pazienti hanno riferito episodi di aumento della pressione sanguigna mentre erano in trattamento con ivabradina (7,1%) rispetto ai pazienti trattati con placebo (6,1%). Questi episodi si sono verificati piu' frequentemente poco dopo che il trattamento antipertensivo e' stato modificato, erano transitori, e non hanno influenzato l'effetto del trattamento con ivabradina. Quando vengono effettuate modifiche del trattamento a pazienti affetti da insufficienza cardiaca cronica in trattamento con ivabradina, la pressione sanguigna deve essere monitorata dopo un appropriato intervallo di tempo. Eccipienti. Il farmaco contiene lattosio. I pazienti con rari problemi ereditari di intolleranza al galattosio, deficit totale di lattasi o malassorbimento di glucosio-galattosio non devono assumere questo medicinale.

Interazioni

Interazioni farmacodinamiche. Associazioni non raccomandate. Medicinali che prolungano il QT. Medicinali cardiovascolari che prolungano il QT (per es. chinidina, disopiramide, bepridil, sotalolo, ibutilide, amiodarone). Medicinali non cardiovascolari che prolungano il QT (per es. pimozide, ziprasidone, sertindolo, meflochina, alofantrina, pentamidina, cisapride, eritromicina endovenosa) L'uso concomitante di medicinali cardiovascolari e non cardiovascolari che prolungano il tratto QT con ivabradina deve essere evitato in quanto l'allungamento dell'intervallo QT puo' essere esacerbato dalla riduzione della frequenza cardiaca. Se l'associazione e' necessaria, si dovra' attuare un attento monitoraggio cardiaco. Uso concomitante con precauzioni. Diuretici che causano perdita di potassio (diuretici tiazidici e diuretici dell'ansa): l'ipokaliemia puo' aumentare il rischio di aritmie. Dato che ivabradina puo' causare bradicardia, il risultato della combinazione di ipokaliemia e bradicardia e' un fattore predisponente all'insorgenza di gravi aritmie, specialmente nei pazienti con sindrome del QT lungo, sia congenita che indotta da medicinali. Interazioni farmacocinetiche. Citocromo P450 3A4 (CYP3A4). L'ivabradina e' metabolizzata solamente dal CYP3A4 ed e' un inibitore molto debole di questo citocromo. E' stato dimostrato che l'ivabradina non influenza il metabolismo e le concentrazioni plasmatiche di altri substrati del CYP3A4 (inibitori deboli, moderati e potenti). Gli inibitori e gli induttori del CYP3A4 possono interagire con l'ivabradina e influenzarne il metabolismo e la farmacocinetica ad un livello clinicamente significativo. Studi di interazione tra medicinali hanno stabilito che gli inibitori del CYP3A4 aumentano le concentrazioni plasmatiche dell'ivabradina, mentre gli induttori le diminuiscono. Un aumento della concentrazione plasmatica di ivabradina puo' essere associato ad un rischio di eccessiva bradicardia. Controindicazioni all'uso in associazione. L'uso concomitante di potenti inibitori del CYP3A4 come antifungini azolici (ketoconazolo, itraconazolo), antibiotici macrolidi (claritromicina, eritromicina per os , iosamicina, telitromicina), inibitori della proteasi HIV (nelfinavir, ritonavir) e nefazodone e' controindicato. I potenti inibitori del CYP3A4 ketoconazolo (200 mg una volta al giorno) e iosamicina (1 g due volte al giorno) aumentano la concentrazione plasmatica media dell'ivabradina di 7-8 volte. Moderati inibitori del CYP3A4: studi di interazioni specifiche in volontari sani e in pazienti hanno mostrato che l'associazione di ivabradina con medicinali che riducono la frequenza cardiaca come diltiazem o verapamil porta ad un aumento della concentrazione di ivabradina (aumento dell'AUC di 2-3 volte) e una diminuzione aggiuntiva della frequenza cardiaca di 5 bpm. L'uso concomitante di ivabradina con questi medicinali e' controindicato. Uso in associazione non raccomandato. Succo di pompelmo: la concentrazione di ivabradina viene raddoppiata in seguito alla somministrazione in associazione a succo di pompelmo. Percio' l'assunzione di succo di pompelmo deve essere evitata. Precauzione nell'uso in associazione. Moderati inibitori del CYP3A4: l'uso di ivabradina in associazione con altri moderati inibitori del CYP3A4 (per es. fluconazolo) puo' essere preso in considerazione alla dose iniziale di 2,5 mg due volte al giorno e se la frequenza cardiaca a riposo e' superiore a 70 bpm, controllando la frequenza cardiaca. Induttori del CYP3A4: gli induttori del CYP3A4 (per es. rifampicina, barbiturici, fenitoina, Hypericum perforatum [erba di San Giovanni]) possono diminuire la concentrazione di ivabradina e la sua attivita'. L'uso concomitante di medicinali induttori del CYP3A4 puo' richiedere un aggiustamento della dose dell'ivabradina. E' stato dimostrato che l'uso combinato di ivabradina 10 mg due volte al giorno con l'erba di San Giovanni provoca una riduzione della meta' dell'AUC della ivabradina. L'assunzione dell'erba di San Giovanni deve essere limitata durante il trattamento con ivabradina. Altri usi in associazione. Studi specifici di interazione tra medicinali non hanno mostrato effetti clinicamente significativi sulla farmacocinetica e sulla farmacodinamica dell'ivabradina per i seguenti medicinali: inibitori della pompa protonica (omeprazolo, lansoprazolo), sildenafil, inibitori della HMG CoA reduttasi (simvastatina), calcioantagonisti diidropiridinici (amlopidina, lacipidina), digossina e warfarin. Inoltre, non vi sono stati effetti clinicamente significativi dell'ivabradina sulla farmacocinetica di simvastatina, amlodipina, lacidipina, sulla farmacocinetica e farmacodinamica di digossina, warfarin e sulla farmacodinamica di aspirina. Durante studi clinici pivotal di fase III i seguenti medicinali sono stati routinariamente associati con ivabradina senza nessuna evidenza in termini di sicurezza: inibitori dell'enzima di conversione dell'angiotensina, antagonisti dell'angiotensina II, beta-bloccanti, diuretici, agenti anti-aldosterone, nitrati a breve e lunga durata, inibitori della HMG CoA reduttasi, fibrati, inibitori della pompa protonica, antidiabetici orali, aspirina e altri medicinali antiaggreganti. Popolazione pediatrica Sono stati effettuati studi di interazione solo negli adulti.

Effetti indesiderati

Riassunto del profilo di sicurezza. Ivabradina è stata studiata in sperimentazioni cliniche che hanno coinvolto quasi 45.000 pazienti. Le reazioni avverse più comuni osservate con l'ivabradina, fenomeni luminosi (fosfeni) e bradicardia, sono dose-dipendenti e sono correlate con l'effetto farmacologico della specialità medicinale. Reazioni avverse. Le seguenti reazioni avverse sono state osservate durante gli studi clinici e sono elencate utilizzando la seguente frequenza: Molto comune (>=1/10); comune (>=1/100, <1/10); non comune (>=1/1.000, <1/100); raro (>=1/10.000, <1/1000); molto raro (<1/10.000); non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili). Patologie del sistema emolinfopoietico. Non comune: Eosinofilia. Disturbi del metabolismo e della nutrizione. Non comune: Iperuricemia. Patologie del sistema nervoso. Comune: Cefalea, generalmente durante il primo mese di trattamento; Capogiri, forse in relazione alla bradicardia; Non comune: Sincope, forse in relazione alla bradicardia. Patologie dell'occhio. Molto comune: fenomeni luminosi (fosfeni); Comune: Visione sfocata; Non comune: Diplopia, Indebolimento della funzione visiva. Patologie dell'orecchio e del labirinto. Non comune: Vertigini. Patologie cardiache. Comune: Bradicardia, Blocco AV di primo grado (prolungamento dell'intervallo PQ all'ECG), Extrasistoli ventricolari, Fibrillazione atriale; Non comune: Palpitazioni, extrasistoli sopraventricolari; Molto raro: Blocco AV di secondo grado, blocco AV di terzo grado, Sindrome del nodo del seno. Patologie vascolari. Comune: Pressione sanguigna non controllata; Non comune: Ipotensione, forse in relazione alla bradicardia. Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche. Non comune: Dispnea. Patologie gastrointestinali. Non comune: Nausea, Costipazione, Diarrea, Dolore addominale. Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo. Non comune: Angioedema, Rash; Raro: Eritema, Prurito, Orticaria. Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo. Non comune: Crampi muscolari. Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione. Non comune: Astenia, forse in relazione alla bradicardia, Affaticamento, forse in relazione alla bradicardia; Raro: Malessere, forse in relazione alla bradicardia. Esami diagnostici. Non comune: Elevata creatininemia, Prolungamento dell'intervallo QT all'ECG.Descrizione delle reazioni avverse selezionate. I fenomeni luminosi (fosfeni) sono stati riferiti dal 14,5% dei pazienti, descritti come un'aumentata luminosità transitoria in un'area limitata del campo visivo. Solitamente sono scatenati da improvvise variazioni dell'intensità della luce. I fosfeni possono anche essere descritti come un alone, una scomposizione dell'immagine (effetti stroboscopici o caleidoscopici), intense luci colorate o immagini multiple (persistenza retinica). La comparsa dei fosfeni si manifesta generalmente entro i primi due mesi di terapia, dopodiché possono verificarsi ripetutamente. I fosfeni sono generalmente riportati come di lieve o moderata intensità. Tutti i fosfeni si sono risolti durante o dopo il trattamento e la maggioranza (77,5%) si è risolta durante il trattamento. Meno dell'1% dei pazienti ha cambiato le proprie abitudini quotidiane o ha dovuto interrompere il trattamento a causa dei fosfeni. La bradicardia è stata riferita dal 3,3% dei pazienti, soprattutto durante i primi 2-3 mesi dall'inizio del trattamento. Lo 0,5% dei pazienti ha avuto una grave bradicardia con frequenza cardiaca inferiore o uguale a 40 bpm. Nello studio SIGNIFY, è stata osservata fibrillazione atriale nel 5,3% dei pazienti che assumevano ivabradina in confronto al 3,8% dei pazienti del gruppo placebo. In una raccolta di dati di tutti gli studi clinici di fase II/III in doppio cieco controllati della durata di almeno tre mesi, che ha incluso più di 40.000 pazienti, l'incidenza di fibrillazione atriale è stata del 4,86% nei pazienti trattati con ivabradina, in confronto al 4,08% del gruppo di controllo, che corrisponde ad un rapporto di rischio dell'1,26, 95% CI [1,15-1,39]. Segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione.

Gravidanza e allattamento

Donne in eta' fertile. Le donne in eta' fertile devono utilizzare appropriate misure contraccettive durante il trattamento. Gravidanza. I dati relativi all'uso di ivabradina in donne in gravidanza non esistono o sono in numero limitato. Gli studi su animali hanno mostrato una tossicita' riproduttiva. Questi studi hanno mostrato effetti embriotossici e teratogeni. Il rischio potenziale per gli esseri umani non e' noto. Pertanto, ivabradina e' controindicata durante la gravidanza. Allattamento. Gli studi su animali indicano che l'ivabradina e' escreta nel latte. Pertanto, l'ivabradina e' controindicata durante l'allattamento con latte materno. Le donne che necessitano del trattamento con ivabradina devono interrompere l'allattamento con latte materno e scegliere un metodo di nutrizione alternativo per il bambino. Fertilita'. Gli studi sui ratti non hanno mostrato effetti sulla fertilita' di maschi e femmine.